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03/09/2014

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Germania: un modello per il lavoro?

a cura di Francesco Seghezzi e Silvia Spattini

 

La lunga attesa per la ripresa dell’esame al Senato del secondo atto del Jobs Act e la pausa estiva hanno contributo a rilanciare il dibattito sulle riforme del lavoro come se il nostro Paese non si fosse puntualmente cimentato in questo esercizio, con costanza, negli ultimi anni.
 
Sono state infatti ben quattro le riforme del mercato del lavoro approvate nel corso degli ultimi quattro anni e ora ci apprestiamo a una nuova fase ravvivata dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che dopo essersi inizialmente interessato del modello spagnolo, ha proprio ieri cambiato radicalmente prospettiva richiamando la Germania come modello da seguire e a cui ispirarsi.
 
Ci è parso pertanto utile raccogliere, per i nostri lettori e per un dibattito pubblico che ancora procede a colpi di slogan e vuoti annunci, i lavori pubblicati da ADAPT University Press nel corso dell’ultimo decennio a partire dalla Riforma Biagi che, per un tratto significativo, ha proceduto in parallelo con le note riforme Hartz del lavoro per poi rimanere bloccata anche a causa di veti e contrapposizioni ideologiche che non hanno invece mai rallentato il processo riformatore tedesco ispirato dai principi di collaborazione tra capitale e lavoro e partecipazione dei lavoratori a cui si sono affiancati interventi significativi sulla contrattazione aziendale, la riduzione dell’orario di lavoro per gestire la crisi, lo staff leasing, il salario minimo e provvedimenti storici come il celebre sistema duale tedesco di formazione che ha consentito, tramite l’apprendistato scolastico, un contenimento della disoccupazione giovanile e alti livelli di competenza e produttività della forza lavoro tedesca.
 
Scopriremo nei prossimi giorni se si tratta dell’ennesimo annuncio di una politica che vive di tweet e si brucia nello spazio di tempo di un conferenza stampa o se, invece, questa ennesima dichiarazione possa rappresentare una svolta per far decollare un tema complesso come quello delle riforme del lavoro che non può essere, ancora una volta, circoscritto all’annoso quanto inconcludente tema dell’articolo 18 e della libertà di licenziare. Questo è, del resto, il principale insegnamento della lezione tedesca: un Paese che solo pochi anni fa era indicato come il grande malato d’Europa è che è riuscito in pochi anni a rilanciare imprese e occupazione tramite il rinnovamento del sistema di relazioni industriali, un apparato burocratico efficiente, un sistema di transizione scuola lavoro mirato agli interessi dei giovani e delle imprese e una logica di partenariato tra imprese che ha visto nello staff leasing un perno della specializzazione produttiva e della catena di creazione di valore.

È pertanto con piacere che vi affido ora la lettura del nuovo Bollettino speciale ADAPT sul caso tedesco curato da Francesco Seghezzi e Silvia Spattini.

Buona lettura.

 

Michele Tiraboschi

 

Bollettino Speciale ADAPT, n. 19/2014